Una wise leadership per il management intermedio
La saggezza che sta nel mezzo: come costruire una Wise Leadership anche per chi non è in cima.
Articolo a cura di Camillo Sperzagni

La “Wise Leadership” – la leadership saggia – non è una moda né una tecnica. È una disposizione. Una postura. Un modo di stare nelle situazioni complesse che non pretende di dominarle, ma nemmeno si limita a subirle. E quando la complessità avanza, rimane forse la sola leadership dotata di senso. Ecco perché diventa la caratteristica principale del leader intermedio, la figura chiave per rendere le culture organizzative adatte a navigare la complessità.
La saggezza in una sola persona non funziona
E’ difficile immaginare un reale cambiamento se la saggezza al vertice non è condivisa anche ai livelli intermedi: spetta al middle manager la funzione strategica di mettere a terra le (si spera sagge) intuizioni del leader apicale a cui riporta, possibilmente in una cornice di confronto reciproco.
Chiunque abbia vissuto il ruolo di leader intermedio sa cosa significa vivere nel mezzo. Non sei l’ideatore della strategia, ma ne sei responsabile. Non sei sul campo operativo, ma ne percepisci le scosse ogni giorno. Sei al centro di una fitta rete di flussi: informazioni, ordini, malumori, aspettative, richieste di senso.
E tuttavia anche in questo spazio, che più che una posizione sembra una pressione costante, si gioca una delle sfide più sottili e decisive della leadership: quella della saggezza.
Cosa significa essere saggi nel mezzo?
Per il leader intermedio, essere saggio significa anzitutto accettare di abitare la complessità:
- Non cercare scorciatoie, ma coltivare discernimento
Ad esempio, quando due funzioni si scontrano e il conflitto rischia di salire di livello, il leader saggio si ferma a capire prima cosa c’è sotto, piuttosto che applicare una soluzione preconfezionata. - Non agire d’impulso, ma generare contesto
Come quando arriva una richiesta urgente “dall’alto”, e invece di trasmetterla pari pari al team, si prende il tempo per spiegare il perché, chiarire l’obiettivo, e adattarla al linguaggio di chi la dovrà realizzare. - Non rispondere alle urgenze con azioni reattive, ma con scelte responsabili
Ad esempio, quando riceve una comunicazione urgente dalla Direzione (“Serve questo report entro stasera per il CDA”), il leader saggio non scarica subito la pressione sul team. Valuta l’impatto, cerca soluzioni alternative, protegge la qualità del lavoro. E se necessario, negozia una scadenza più realistica, spiegando le ragioni con chiarezza.
Ma può davvero esserlo?
Sì, ma non da solo. La saggezza non nasce nel vuoto. Per fiorire ha bisogno di un contesto che non sia solo performativo. Tre elementi la rendono possibile:
- Una cultura del dialogo, in cui si può parlare anche di ciò che non funziona, senza paura.
- Spazi di riflessione condivisi, che non siano vissuti come perdita di tempo ma come investimento collettivo.
- Metriche e aspettative flessibili, capaci di riconoscere anche il valore delle scelte prudenti, non solo dei risultati immediati.
Se manca anche uno solo di questi presupposti, si aprono le porte a scenari frustranti e spesso paradossali.
Quattro leve pratiche per una leadership saggia
Chi già esercita la wise leadership in posizioni intermedie, lo fa allenando alcune capacità distintive, che permettono di mantenere equilibrio, senso e visione anche sotto pressione. Ispirati anche tu a queste pratiche:
1. Tradurre senza perdere il senso
Il manager intermedio saggio sa che ogni passaggio di livello è un passaggio di senso. Non si limita a “trasmettere la strategia” ma la riformula in modo che abbia significato per chi lavora sul campo. Allo stesso modo, raccoglie le istanze operative e le restituisce in forma utile verso l’alto.
2. Orchestrare i paradossi
La leadership nel mezzo vive di tensioni: autonomia vs controllo, standard vs flessibilità, risultati vs benessere. Il leader saggio non tenta di risolvere tutto con un colpo secco, ma gestisce i paradossi nel tempo, come un direttore d’orchestra che accorda strumenti diversi.
3. Custodire spazi di sicurezza psicologica
Quando tutto corre, chi sta nel mezzo può decidere se alimentare ansia o creare fiducia. Il leader saggio non ha tutte le risposte, ma protegge la possibilità di pensarle insieme. È il primo a dare il permesso di riflettere, tentare, fallire e riprovare.
4. Coltivare la consapevolezza di sistema
Più che di una competenza, si tratta di una vera e propria attitudine, che si manifesta a partire dalla consapevolezza del proprio ruolo sia verso se stessi che verso gli altri. In un’azienda tutto questo significa riconoscere e percepire le interconnessioni esistenti tra i vari livelli e le differenti funzioni, così come tra i diversi componenti del proprio team; e comprendere come ogni azione individuale possa influenzare il sistema nel suo insieme.
Case study: la saggezza senza rumore che tiene insieme
Giulia, 53 anni, è responsabile di area in una media impresa del settore servizi.
Quando, un paio d’anni fa, la direzione ha imposto un cambiamento di piattaforma operativa in piena stagione di picco, i suoi collaboratori erano comprensibilmente frustrati. Invece di attenersi semplicemente a trasmettere la direttiva, Giulia ha scelto di costruire un senso condiviso: ha organizzato un confronto aperto con il team, ha negoziato tempi più realistici con il management, e si è resa disponibile per aiutare i suoi collaboratori uno ad uno nei primi passaggi. Nessun applauso in pubblico. Ma il team ha tenuto. E i clienti non se ne sono nemmeno accorti.
Il leader saggio nel mezzo non si nota sempre. Non è il più rumoroso, né il più celebrato. Ma spesso è quello grazie a cui le cose tengono: relazioni, direzioni, fiducia. Tengono anche quando tutto sembra strattonare. E in tempi come questi, forse è proprio questa tenuta silenziosa, intelligente e presente, a meritare fiducia. Prima ancora che applausi.
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