Benessere relazionale: pensa positivo!

Le buone relazioni

Nell’isola giapponese di Okinawa c’è una località di nome Ogimi. Lì vive la più folta comunità di ultracentenari felici che si conosca. Naturalmente sono stati oggetto di varie interviste sociologiche e non, ma alla fine i fattori che emergono sono sempre gli stessi: “Sentirsi amati dagli amici”, “Aiutarsi a vicenda”, “Ridere tanto”, “Cantare assieme”. Riuscire a creare fiducia, armonia e comprensione con gli altri è il principale fattore di felicità e benessere, e non solo per gli allegri ultracentenari di Ogimi. Tutto questo significa buona relazione.

Il nostro cervello, dicono le Neuroscienze, è predisposto per fare questo. E’ l’hardware della buona relazione. Ma la capacità di avere buone relazioni, come affermano gli studi sulla plasticità neurale, è invece qualcosa che si impara, proprio come qualsiasi altra abilità. E’ il software da programmare. E questa è una buona notizia, perché ci dice che quando qualcosa non va, possiamo sempre riscrivere il programma. Ma occorre conoscere il linguaggio di programmazione, ed è proprio quello che inizieremo a praticare in queste puntate.

#1 Lea e la collega gentile

Lea è una donna attiva: lavora in ufficio, cura la casa e assieme al marito si occupa dei figli e del cane. Cerca sempre di gestire tutto per il meglio, ma a volte la situazione è davvero sfidante. Vediamola in azione mentre deve gestire un imprevisto e chiedere a una collega di sostituirla.

Attenti ai dettagli…

Cosa ha fatto Lea per ottenere una risposta negativa?

 

  1. Ha dato corda ai suoi pensieri negativi
  2. Ha parlato solo di sé
  3. Si è fermata dall’altro lato della scrivania
  4. Non si è mostrata emotivamente interessata alla collega

E cosa ha fatto quando tutto ha funzionato?

 

  1. Ha scelto di pensare scenari positivi
  2. Ha parlato di cose che coinvolgono la collega
  3. Si è messa di fianco alla collega
  4. Ha mostrato partecipazione per i problemi della collega
"

 

Cosa dice l’esperto

Come declinare il pensiero positivo nelle relazioni? La nostra mente usa i pregiudizi per costruire aspettative: scenari futuri che pre-condizionano il modo con cui affrontiamo le situazioni. E’ quello che è accaduto a Lea quando non è riuscita ad ottenere il favore dalla collega: si è creata un “film” interno negativo che ha effettivamente prodotto un comportamento negativo della collega, che lo ha confermato. Tecnicamente è una “profezia che si auto-avvera”. Uscire dal loop è possibile, attivando a monte prefigurazioni positive. I modi in cui le persone si manifestano non sono, infatti, frutto del loro DNA, ma dei loro pregiudizi, di loro aspettative infondate, di schemi comportamentali che agiscono nella relazione con gli altri. In una parola, di abitudini. Perciò, se riusciamo a individuare i nostri pregiudizi e sostituirli con prefigurazioni mentali positive, ci programmiamo in modo utile per affrontare l’interlocutore, miglioriamo la relazione e iniziamo a far sbiadire i nostri (e suoi) pregiudizi.

Just do it!
Dalla teoria alla pratica: le cose da fare

Costruisci prefigurazioni positive

Come creare un clima di accordo

Punti di osservazione

#2 Lea e il figlio (de)motivato

Il concerto si avvicina e Lea è con Davide, che ha paura di non essere all’altezza e di fare brutta figura. Da buona mamma, vuole fargli sentire che lei gli è vicino e lo ama indipendentemente da qualunque cosa possa accadere, anche negativa. Con quali risultati?

Attenti ai dettagli…

Cosa ha fatto Lea per ottenere una risposta negativa?

 

  1. E’ stata eccessivamente empatica col figlio
  2. Gli ha consolidato i suoi pensieri negativi
  3. Lo ha fatto sentire un bambino
  4. Non gli ha fornito un modello positivo

 

E cosa ha fatto quando tutto ha funzionato?

 

  1. Ha mantenuto uno stato emotivo ottimista e fiducioso
  2. Gli ha fatto fare prefigurazioni positive
  3. Ha usato una prossemica adeguata
  4. Gli ha evocato emozioni funzionali

 

"

 

Cosa dice l’esperto

Il pensiero positivo influenza le relazioni attraverso la motivazione, propria e degli altri. Anche qui gran parte del risultato è dovuto al modo in cui il cervello immagina il futuro: è attraente, raggiungibile e alla nostra portata? La motivazione sarà alta. E’ poco interessante, incerto e superiore alle nostre forze? La motivazione tenderà allo zero. Questo è ancor più vero nella relazione con qualcuno che condivide con noi uno stato emotivo negativo, come è accaduto nell’episodio di Lea con il figlio demotivato. Quando si vuole in qualche modo aiutare qualcuno finito in una “buca” di stati negativi, rischiamo di finire in buca assieme a lui: abbiamo cioè attivato i nostri neuroni specchio – e dunque la nostra empatia – ma non siamo stati capaci di prendere la guida del processo in modo da far uscire l’interlocutore dalla buca, o per lo meno noi stessi.

Just do it!
Dalla teoria alla pratica: le cose da fare

Attiva l'empatia

Evita la trappola dell'empatia

Competenza emotiva

Cose da portare a casa

  • Le buone relazioni sono il più importante fattore di felicità
  • Tutto ciò che hai sono abitudini. Quando non funzionano puoi sempre trovarne di migliori
  • La motivazione non è fuori: è dentro le nostre teste
  • Un pensiero positivo può aiutare molto la relazione, se sai come farlo
  • Sii pronto ad abbandonare i tuoi pregiudizi quando vedi che non ti migliorano la vita
  • Se vuoi che gli altri abbiano interesse verso te, fagli capire che tu lo hai verso loro
  • Mix ideale per aiutare gli altri: 20% Consolazione, 80% Attivazione
  • E’ meglio essere ottimisti e avere torto piuttosto che pessimisti e avere ragione (A.Einstein)

Risorse

Download dispense generali

Fai anche tu come Lea!

Leggi le dispense, riguarda i video e trova nella tua vita quotidiana semplici occasioni per mettere in pratica piccoli cambiamenti.

Alla prossima puntata!