Obiettivi: la motivazione conta, ma non è tutto

Il Pensiero Sistemico per potenziare il processo di definizione degli obiettivi, nel coaching e nella vita di tutti i giorni 

L’esperienza dimostra che non c’è limite alla quantità di impegno, tenacia e determinazione che un essere umano può esprimere quando vuole raggiungere un obiettivo importante. Ma questo non garantisce che il successo ne sia la diretta conseguenza: semplicemente è la narrazione a cui siamo stati abituati a credere. Nella realtà succede qualcos’altro, e il pensiero sistemico ci viene in aiuto per capire meglio cosa fare.

Obiettivi: il boyscout radioattivo

Eroi, obiettivi, impegno e fortuna

Nella “narrazione occidentale” c’è molta enfasi su questo aspetto: gli eroi dei film e dei racconti sono in genere dei personaggi che a dispetto di ostacoli e imprevisti di ogni genere riescono a concretizzare i loro desideri. Ma è davvero così che va di solito nella realtà?
Sembrerebbe di no: mentre è assodato che impegno e perseveranza sono importanti nel raggiungere obiettivi, il caso e la fortuna giocano un ruolo non secondario rispetto al successo finale. Se abbiamo la sensazione opposta, è solo perché chi scrive libri autobiografici sul proprio successo sono solo quelli a cui è andata bene. Fino a dove è giusto spingersi con la tenacia?

Un paio di considerazioni. La vostra vita è più grande di qualsiasi obiettivo personale.
Ci possono essere momenti dell’esistenza in cui vale la pena di concentrarsi su un’unica cosa. Ma appunto sono momenti; se la cosa si prolunga oltremisura, cambia nome. Non è più tenacia, ma fissazione monomaniacale, che è una forma di psicosi. Non si è mai sentito dire che la psicosi porti al successo, nemmeno se fa raggiungere degli obiettivi.


La (triste) storia del boyscout radioattivo

Una storia esemplare riguarda David Hahn, nato nel 1976 negli USA e presto battezzato dai giornali come “il boyscout radioattivo“. A 16 anni, per guadagnare una particolare spilla da boyscout, decise di costruire un reattore nucleare nel garage di casa. Un obiettivo più folle che ambizioso, in cui David spese una quantità di studio, ingegno, creatività assolutamente fuori da ogni limite, col risultato di guadagnarsi una elevatissima esposizione alle radiazioni, che gli causò una devastante malattia della pelle. Nel corso degli anni subì svariati arresti e sequestri di materiale da parte della polizia, riprendendo ogni volta da capo il suo progetto. Nel 2016, non si sa bene perché, lasciò questo mondo ad un passo dal compiere 40 anni.


Come fare il controllo ecologico dell’obiettivo

Una buona abitudine, prima di imbarcarsi in un obiettivo importante, è quella di eseguire un “controllo ecologico dell’obiettivo”, ponendosi una serie di domande:

  • Cosa guadagno e cosa perdo nel raggiungere l’obiettivo?
  • Chi oltre a me verrà coinvolto, anche involontariamente?
  • Chi oltre a me ricaverà benefici o svantaggi dall’obiettivo?
  • In che modo la mia vita verrà influenzata dall’obiettivo – nel bene e nel male?
  • Quali risorse e opportunità posso trovare nel contesto? E quali ostacoli?
  • Che persona sarò se raggiungo l’obiettivo? E se non lo raggiungo?

E se a una o più di queste risposte non trovate risposte positive – o non ne trovate affatto -prendetevi una pausa di riflessione prima di mettervi in marcia.


Progettare un obiettivo PNL e Sistemico

Esistono molte formule per definire un buon obiettivo, che sono alla base di qualunque percorso di coaching: dal classico SMART, SMARTER, al modello di Whitmore, e oggi gli OKRs, molto di moda. La PNL fin dall’inizio ha stabilito una serie di requisiti che caratterizzano un Obiettivo ben Formulato, più una serie di tools per definirli. Qui vogliamo proporne una nuova versione, che unisce quanto già impostato dalla PNL con alcune considerazioni di natura sistemica. Ne otteniamo nove requisiti:

  1. L’obiettivo deve essere formulato in positivo, cioè esprimere qualcosa di motivante che si vuole raggiungere
  2. Deve essere concreto – cioè ricadere sotto i nostri sensi – e in qualche modo misurabile (altrimenti come farò a sapere se l’ho raggiunto o meno?)
  3. Rivolto a sé, e non a qualcun altro (è impossibile controllare davvero un sistema complesso non-lineare come un essere umano. Non ci riusciamo con noi, figurarsi con un altro)
  4. Premiante, nel senso che il “premio” che riscuoteremo raggiungendolo sarà maggiore delle risorse che avremo spese e delle rinunce a cui dovremo assoggettarci
  5. L’obiettivo deve essere dotato di scopo o finalità, essere compatibile con i valori personali e rafforzativo per l’Identità
  6. Ecologico: con questo termine intendiamo il fatto che sia concepito in modo armonizzante e possibilmente evolutivo per il contesto in cui agiremo, delle persone e della nostra identità
  7. Scomponibile quando serve in sotto-obiettivi non necessariamente sequenziali
  8. Temporizzato, con un inizio e una fine ben definiti – almeno in partenza
  9. Sotto la responsabilità personale, cioè non dipendere troppo dalla fortuna o dalla buona volontà altrui.

 

Un’ultima riflessione: chi ha il potere?

Prendendo spunto dal nono requisito, quando ci si mette in moto per raggiungere un obiettivo, si ha sempre a che fare con due tipi di variabili: quelle personali (capacità, risorse, motivazione) e quelle contestuali (in che modo l’ambiente può essere favorevole, neutro o sfavorevole per i miei piani). Quando l’obiettivo da raggiungere ha una certa rilevanza, prima di iniziare è bene fare una giusta riflessione su quale delle due categorie conterà di più per il successo dell’impresa: diciamo che un buon mix di partenza è 80% personale e 20% contestuale. Occorre dedicare il giusto impegno a questa analisi, e cercate alla fine di avere delle idee sufficientemente chiare e fondate su questo punto. Altrimenti, più che un obiettivo, diventerà una scommessa.


Articolo a cura di Camillo Sperzagni

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