Empatia, cervello e counseling: la lezione di Giacomo Rizzolatti

Al Congresso Nazionale CNCP abbiamo incontrato il neuroscienziato che ha scoperto i neuroni specchio. Dalla scienza alle relazioni d’aiuto, ecco cosa significa davvero empatia e come tradurla nella pratica del counseling e della PNL

Intervista a cura di Angiola Bellu, articolo a cura di Andreas Schwalm

Intervista a Giacomo Rizzolatti

L’empatia non è solo un concetto astratto: è un fatto biologico. Lo dimostrano i neuroni specchio, scoperti negli anni ’90 dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti. Al Congresso Nazionale CNCP 2025, dove Modelli di Comunicazione era presente come scuola di counseling, abbiamo ascoltato la sua lectio magistralis e lo abbiamo intervistato. Un momento raro in cui scienza e counseling si sono incontrati: da una parte la ricerca neuroscientifica, dall’altra le pratiche quotidiane di ascolto, relazione e accompagnamento.

Stanco ma ancora brillante dopo l’assalto al firmacopie — selfie, strette di mano, richieste di autografi come fosse una rockstar del cervello — Giacomo Rizzolatti accetta l’intervista.

Sorridendo, dice: “non mi fido troppo dei giornalisti.”

Ride. E poi iniziamo…é generoso: si è appena allontanato  dal palco del Congresso Nazionale CNCP, dove ha tenuto una lectio magistralis che ha incollato i counselor alle sedie.

Un momento di scienza viva, di quelle che ti fanno venir voglia di capire davvero come funzioniamo. Perché se c’è uno che può spiegarti l’empatia è lui, il neuroscienziato che negli anni ’90 ha scoperto i neuroni specchio, quelli che ci fanno “sentire” l’altro  (come se fossimo dentro la sua testa).

 

Che cos’è davvero l’empatia, professore?

“L’empatia è la capacità di cogliere e comprendere l’esperienza soggettiva dell’altro, calandosi nei suoi panni:  è essere nello stesso stato mentale.”

Lei spiegava un attimo fa che ci sono due tipi di empatia…

“Ci sono due tipi di empatia: la cognitiva, che è capire le azioni dell’altro; e quella emotiva, che è sentire gli stati d’animo dell’altro.”

Cosa succede quando proviamo un’emozione?

“Quando proviamo un’emozione, la trasmettiamo anche agli altri.
Questo meccanismo è innato: lo abbiamo tutti. Però può essere modificato — dall’educazione, dalla famiglia, dalla società. Se questo meccanismo viene alterato, non si sente più empatia per l’altro.”

(il messaggio è forte: l’empatia si può perdere, e le parole del professore – classe1937 – suonano come un invito: ricordiamoci  che l’empatia è un atto biologico di connessione)

 

Vorremmo chiederle un commento sulla situazione che stiamo vivendo. È un tempo inedito per le nostre generazioni: si torna a parlare di armi, di guerra… Come vede l’Europa, e come la vorrebbe?

 “Sono convinto che l’Europa debba essere una società multietnica, in cui nessuno venga discriminato. L’Europa deve restare aperta, solidale, umana.”

E Israele e i palestinesi, professore?

“Sono semiti tutti quanti, si somigliano…È come se i lombardi se la prendessero coi veneti. Non sono due razze diverse, è la stessa etnia.” Fa una pausa, poi sorride e ricorda:  “Sono stato in Israele dieci anni fa, vicino a Haifa. C’erano un villaggio ebraico e uno palestinese. Erano amici, abbiamo fatto una tavolata insieme.”

 

Un’immagine semplice eppure potentissima.
Nel mondo di Rizzolatti, anche la pace, in fondo, è un fatto biologico: nasce quando il cervello smette di vedere ‘altro’ e ricomincia a riconoscere ‘uguale’.


Neuroni specchio e PNL: quando la scienza incontra la relazione

 

Cosa ci dice la scienza

Immagina di vedere qualcuno che afferra una tazza di caffè. Il tuo cervello non si limita a registrare passivamente l’immagine: alcune cellule nervose — i neuroni specchio, scoperti da Giacomo Rizzolatti negli anni ’90 — si attivano come se fossi tu a compiere quel gesto. È come se il cervello “simulasse” internamente l’azione altrui per comprenderla meglio. Ma c’è di più: questi neuroni non colgono solo il movimento meccanico, catturano anche l’intenzione sottostante. Non si limitano a dire “vedo una mano che si muove verso una tazza”, ma interpretano: “quella persona vuole bere”, oppure “sta offrendo qualcosa a qualcuno”.
Questa capacità di leggere dall’interno le azioni e gli stati d’animo altrui ha avuto un ruolo cruciale nella nostra evoluzione: ha permesso ai nostri antenati di apprendere per imitazione, cooperare, costruire relazioni di fiducia e anticipare le intenzioni degli altri — amici o minacce. È la base biologica dell’empatia, che ha due dimensioni: una cognitiva (capire cosa fa e vuole l’altro) e una emotiva (sentire risuonare dentro di noi le sue emozioni).

Il legame con il Rapport

In PNL parliamo di rapport: quella sintonia sottile che si crea attraverso il fare propri voce, ritmo, postura, gesti dell’interlocutore. Quando due persone entrano in rapport, i loro sistemi nervosi “risuonano”. Ed è qui che entrano in gioco i neuroni specchio: il nostro cervello reagisce al comportamento altrui come se fosse nostro. Per questo, in una relazione d’aiuto, anche piccoli accorgimenti — sedersi in modo simile, modulare il tono, essere in risonanza col corpo — facilitano velocemente la costruzione di fiducia e connessione.

Il setting non è neutro

Le neuroscienze lo confermano: il setting non è sfondo, è strumento. La distanza tra le sedie, l’angolazione, la scelta di stare online o in presenza influenzano l’attivazione dei neuroni specchio e, di conseguenza, il fluire dell’empatia. Un counselor che sa modellare il setting crea le condizioni perché la risonanza accada.

Quando l’empatia si inceppa

I neuroni specchio non funzionano in automatico come un interruttore. A volte l’empatia si blocca: quando vediamo qualcuno come “diverso”, “sbagliato” o “pericoloso” — per pregiudizi, ferite non elaborate, condizionamenti culturali e ideologici — il cervello fatica ad attivare quella risonanza spontanea. È come se erigesse un muro invisibile: “non mi riguarda”, “non è come me”.
Possiamo anche scambiare per empatia quello che è solo proiezione — attribuire all’altro ciò che in realtà stiamo provando noi. Ed è qui che entra in gioco il lavoro del professionista: creare uno spazio dove l’empatia possa riattivarsi, aiutare la persona a riconoscere la differenza tra ciò che sente davvero l’altro e ciò che lei stessa sta proiettando, accompagnarla nel riconnettersi con se stessa prima ancora che con gli altri.

In sintesi

La scienza dei neuroni specchio e la pratica del rapport ci raccontano la stessa storia da due angolazioni diverse. L’empatia non è solo emozione, né solo tecnica, ma un ponte biologico e relazionale che, se coltivato con cura, fa del counseling uno spazio di trasformazione vera.

Incontrare Giacomo Rizzolatti al Congresso CNCP è stato un modo per ricordarci che la ricerca scientifica e le pratiche relazionali camminano insieme. I neuroni specchio ci mostrano che l’empatia è scritta nel nostro cervello, mentre il counseling e la PNL ci insegnano a trasformarla in strumento consapevole di crescita. È in questo intreccio che nasce il nostro lavoro: aiutare le persone a riconoscersi, entrare in sintonia e generare relazioni che migliorano la vita di ciascuno e, passo dopo passo, anche la società.

Alcune domande per te:

  • In quali momenti ti sei accorto/a di rispecchiare spontaneamente l’altro?
  • Quanto curi il tuo setting relazionale, anche nei piccoli dettagli quotidiani?
  • Cosa puoi fare oggi per attivare più empatia, verso te stesso/a e verso chi ti è vicino?

 

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