Imparare a imparare: il vero superpotere del nostro tempo

“Il vero oggetto dell’educazione è formare esseri capaci di fare cose nuove, non semplicemente di ripetere quello che le generazioni precedenti hanno fatto.” — Jean Piaget

Imparare ad imparare

Viviamo in un’epoca che cambia alla velocità della luce. Le competenze che ci servivano ieri potrebbero non bastare domani. In questo contesto, c’è una capacità che fa la differenza più di ogni altra: saper imparare.
Imparare non è solo una questione di memoria o di metodo. È un processo che coinvolge la persona nella sua interezza — corpo, mente, emozioni, identità. E come ogni processo umano, può essere esplorato, potenziato, reinventato.

 

Qual è il tuo metodo?

Provate a memorizzare una lista di parole in coppia. Vi accorgerete subito che la memoria non è solo “ripetere finché si ricorda”: c’è chi visualizza, chi crea storie, chi fa associazioni bizzarre. Ognuno ha il suo modo.
Il punto è proprio questo: ognuno di noi impara in modo diverso. Ma troppo spesso ci affidiamo a metodi standardizzati, senza ascoltare davvero come funzioniamo.
E allora, perché non partire da lì?

Riconoscere il proprio stile cognitivo è il primo passo verso un apprendimento davvero efficace. Hai mai provato a descrivere esattamente come studi? Hai un rituale, una sequenza mentale, una postura ricorrente? Un esercizio utile è creare un piccolo flowchart del tuo modo di apprendere. Ti sorprenderai nello scoprire che hai già un metodo, anche se forse non lo hai mai chiamato così. Prendi carta e penna e provaci.

 

Dalla motivazione alle risorse interiori

C’è un’altra domanda fondamentale: perché voglio imparare?
Non impariamo solo perché “dobbiamo”. Lo facciamo (e lo facciamo meglio) per un desiderio, un obiettivo, un sogno.
Quando riscopriamo questa motivazione profonda, l’apprendimento diventa più leggero, naturale, persino divertente. Coltivarla significa anche imparare a vedere — e usare — le risorse che già abbiamo, fra cui:

  • la curiosità
  • le esperienze pregresse
  • le persone che ci ispirano
  • gli strumenti che con te funzionano

 

R.O.L.E. e B.A.G.E.L.: imparare a osservare se stessi

Questi acronimi indicano due modelli che ci aiutano a prendere coscienza di come apprendiamo.

R.O.L.E.* esplora il nostro funzionamento mentale:

  • Quali sensi attiviamo?
  • Stiamo ricordando o costruendo?
  • Quali collegamenti creiamo?

B.A.G.E.L.**, invece, guarda al corpo e al linguaggio:

  • Come ci muoviamo mentre apprendiamo?
  • Quali segnali mandiamo a noi stessi senza accorgercene?
  • Che parole usiamo per descrivere ciò che stiamo imparando?

Conoscere questi segnali non è un esercizio teorico: è un modo per personalizzare il nostro apprendimento, renderlo più fluido, più efficace, più nostro.

 

* L’acronimo R.O.L.E. fa riferimento ai sistemi rappresentazionali (Rappresentational systems), orientamento (Orientation), collegamenti (Links) ed effetto (Effects)
**  L’acronimo B.A.G.E.L. fa riferimento a postura corporea (Body posture), segnali sensoriali di accesso (Access cues), gesti (Gesture), movimenti oculari (Eye movements) e modelli linguistici (Language patterns)

 

Strategie che funzionano (davvero)

Dimentichiamo i vecchi trucchi tramandati di generazione in generazione, ad esempio la “tecnica del pomodoro” (il timer con la pausa per evitare il calo dell’attenzione) o il mito delle 10 ore al giorno. L’efficacia dell’apprendimento non sta nel tempo speso, ma in come lo si usa.
Ecco quattro strategie chiave, basate su come il cervello funziona davvero:

  • Chunking: raggruppa le informazioni in unità significative
  • Cues: crea segnali mnemonici specifici e coerenti
  • Retrieval: allenati a recuperare le informazioni, non solo a rileggerle
  • Rehearsal: ripeti, ma in modo elaborativo e creativo.

Imparare a imparare non significa seguire l’ennesimo metodo magico. Significa scoprire e potenziare il proprio modo unico di apprendere.
È un atto di libertà, e anche di cura verso di sé. Perché, in fondo, imparare non è solo accumulare conoscenze: è crescere come persone.

 

Articolo a cura di Sandro Barbati

 

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