Giocare fa rima con Motivare

Gli schemi mentali per creare contesti lavorativi motivanti
sono simili a quelli usati per progettare giochi di successo

Articolo a cura di Andreas Schwalm
(uscito sulla rivista Marketplace)

Negli States un’inchiesta recente fra dirigenti di alto livello ha rivelato che il 70% di essi, ogni giorno, si ritaglia dai 15 ai 60 minuti delle ore lavorative per fare giochi casuali al PC. Lo fanno per scaricare lo stress, ma anche – ecco la cosa sorprendente – per sentirsi più produttivi.

Sembra un paradosso, perché il gioco è quanto di meno produttivo possa esserci sul lavoro. Eppure c’è una base di verità: i fondamenti che rendono un gioco ingaggiante sono i medesimi ingredienti che rendono ciò che facciamo nella la vita soddisfacente. Vediamo perché, e soprattutto trasportiamolo nell’ambito aziendale, in cui è sempre più importante creare contesti motivazionali che spingano a migliorare le performance.

 

Ogni buon gioco ha un obiettivo da raggiungere e dei passi concreti per raggiungerlo: è ciò che inchioda molti adulti e bambini allo schermo e fa passare anche delle ore a lavorare duramente e felicemente per raggiungerlo. Le caratteristiche che ci interessano sono due: si tratta di obiettivi desiderabili e raggiungibili; solamente così siamo motivati ad agire.
Se un obiettivo non è desiderabile non è un vero obiettivo ma un compito, o al massimo un problema da risolvere.  Quindi una cosa subìta, che può anche coinvolgerci ma che non ci entusiasma.
Se un obiettivo è desiderabile ma non è raggiungibile, allora è un desiderio: qualcosa di altamente motivante ma che resta nell’ambito dei sogni, rifuggendo dalle azioni concrete per raggiungerlo.
Ogni buon gioco ha una seconda forte caratteristica: c’è sempre un fallimento. Strano, perché a nessuno piace fallire, eppure i giocatori passano anche l’80% del loro tempo a fallire. E lo fanno godendo, eccitati, ottimisti. Il punto è che tanto più falliscono, tanto più sono motivati a fare meglio, a provare di nuovo perché andrà meglio. Finché arriva il giorno in cui li padroneggiano a tal punto da esserne annoiati, e li abbandonano. Questo ci fa pensare che non sia tanto il successo a legarli al gioco, quanto qualcosa che ha a che vedere con l’apprendimento: i giochi eliminano la nostra paura di fallire perché ci proiettano in una cornice cosiddetta “feedback”, entro la quale possiamo misurarci in modo incrementale. Il successo in sé, paradossalmente, dà piacere ma ci lascia anche un vuoto, la perdita di qualcosa di interessante da fare.
Ecco quindi la seconda riflessione da trasportare in ambito lavorativo: in che modo creare una cornice-feedback entro cui sia possibile lavorare su obiettivi incrementali, permettendosi prove ed errori, valorizzandoli come apprendimento?
libretto223-01-1I grandi videogiochi commerciali di successo sanno anche creare una dimensione “epica”: contribuire al raggiungimento di un obiettivo enorme insieme a milioni di altre persone crea una forte tensione, una mission, che è una dimensione che sa motivare molto più di valori e credenze individuali. Questo perché ci connette con una realtà più vasta di noi stessi, in cui le nostre azioni sono importanti al di là delle nostre vite individuali. Ciò ci fa sentire umili e potenti al tempo stesso (se ci pensiamo bene, questo binomio è ciò che fa grande i Grandi della Terra).
Nel lavoro le dinamiche sono straordinariamente simili: condividere una mission aziendale è la forza propulsiva che può motivare i lavoratori, dal vertice al middle management fino ad arrivare agli ultimi anelli della catena.  Per questo in un’organizzazione è fondamentale rispondere ad alcune domande, che nel modello PNL seguono lo schema dei Livelli Logici originatosi dal lavoro di Robert Dilts. Il fulcro di essi è l’identità del brand, che così come accade in una persona in carne e ossa è costruita su un insieme di valori caratterizzanti, di obiettivi strategici, di asset, di azioni specifiche e infine di contesti d’azione.
Non finisce naturalmente qui: il secondo passo è riuscire a comunicare l’identità di brand, creando quella condivisione entro la quale tutti possono trovare senso e motivazione al loro lavoro