Surfare il cambiamento: le skill per il manager del futuro prossimo

Trasformazione digitale?

E-leadership, deuteroapprendimento e complessità

Comprendere il contesto e avere una visione del futuro sono due basic di chi deve guidare un’azienda o un team.

E’ proprio il contesto, però, la variabile oggi meno stabile di tutte, complice la velocità pazzesca con cui avvengono le trasformazioni dei mercati, dei processi, delle tecnologie. Sembra di essere come in un videogame mai visto, in cui il protagonista scopre le insidie e i tesori mentre ci si imbatte e l’apprendimento non è sapere dove stanno, perché gli scenari cambiano, ma è imparare velocemente a scovarli e a sfruttarli.

Da un lato c’è infatti la Trasformazione Digitale, dall’altro la “società liquida”, che creano una situazione veramente complessa, ai limiti del caos, che il manager deve saper in qualche modo surfare, giacché prevederla e governarla non è possibile.

Una parola sconosciuta: deuteroapprendimento

Questo mi fa venire in mente una parola sconosciuta ai più, quasi impronunciabile: deuteroapprendimento. Coniata da Gregory Bateson, filosofo e icona del pensiero sistemico, ha a che vedere con la necessità di apprendere ad apprendere. Cioè imparare a modificare i propri schemi mentali alla bisogna, per diventar capaci di imparare qualunque cosa ci sia utile, anche a costo di mettere in discussione i nostri schemi consolidati. Per fare un esempio: state imparando a suonare uno strumento e come prima cosa imparate a eseguire un brano? Questo è apprendimento. Se invece proseguendo sviluppate la capacità di eseguire qualsiasi brano, avete imparato ad apprendere: questo è deuteroapprendimento.

Eppure ho l’impressione che questa sia ancora troppo lineare per esserci pienamente utile. Mi viene in aiuto Edgar Morin, il filosofo della complessità, termine sempre più usato per descrivere i nuovi modelli di organizzazione (e auto-organizzazione) aziendali e di startup figlie della Trasformazione Digitale. Il parallelismo mi folgora: esse funzionano perché hanno appreso ad agire in contesti in continua trasformazione. Come il videogame. Come il deuteroapprendimento, ma in un contesto variabile e molteplice.

E-leadership: quali ingredienti?

Un esempio di tutto ciò è la cosiddetta e-leadership, che l’Osservatorio delle Competenze Digitali 2018 definisce così:

La capacità dei top manager di rileggere la realtà con la lente del digitale, muoversi a proprio agio negli ambienti digitali e guidare la Digital Transformation“, che – tuttavia – si scontra col fatto che “siamo esseri analogici intrappolati in un mondo digitale”

E’ una capacità? Un talento? Una competenza?
E il digitale in senso stretto cosa c’entra?
E’ in effetti un mix di tutto ciò, i cui principali ingredienti sono i seguenti:

 

  • avere una visione di un contesto in continua trasformazione e di una sua possibile evoluzione
  • saper surfare quel contesto, in cui la regola base è che le regole cambiano continuamente
  • conoscere le logiche, e non solo le applicazioni, del “digitale”
  • sfruttare quelle logiche per una trasformazione del proprio business
  • essere veloci
  • motivare e guidare il cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione
  • gestire le resistenze al cambiamento (proprie e altrui)

Ingredienti che a ben vedere sono cross fra competenze “hard” e – soprattutto – competenze “soft”. Tant’è che il medesimo Osservatorio fa notare come laddove cresce il digital skill rate (la quota di competenza digitale necessaria in una professione non-digitale), cresce di pari passo il soft skill rate. Che significa empowerment, formazione relazionale, coaching.

Una community degli e-leader?

Ora la sfida diventa: come apprendere tutto ciò? E come apprendere ad apprendere?
Non esiste una ricetta standard. Ma possiamo strizzare l’occhio a quanto già avviene nel mondo social per immaginarci una community degli e-leader, che metta a fattor comune gli apprendimenti dei singoli, le visioni, i casi concreti, creando un nocciolo ci persone, di competenze e di best practice capace di fare cultura ed essere di esempio alle tante realtà italiane che ancora devono cambiare passo.

La discussione è aperta…

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Articolo a cura di Andreas Schwalm

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