Diversità: scocciatura o risorsa? Dipende da noi

Pregi e limiti della comunicazione interculturale

I fatti di cronaca relativi alle manifestazioni pro o contro il ministro Kyenge sono un’occasione –senza entrare nel merito del caso specifico- per riflettere sul tema del processo diversità/integrazione.

La diversità, che troppo spesso è vissuta come una scocciatura, è invece alla base di processi sociali fondamentali come la creatività e l’evoluzione. Questo ruolo è sempre più riconosciuto anche nei contesti organizzativi. Milton J. Bennett, uno dei massimi esperti mondiali di comunicazione interculturale, ha ideato –sulla base delle sue ricerche sociologiche- una semplice scala che comprende sei stadi: negazione della differenza, difesa, minimizzazione, accettazione, adattamento, integrazione.

Bennett indica anche i cinque passaggi necessari per arrivare all’integrazione: diventare consapevoli delle differenze, depolarizzare i pregiudizi negativi e riconoscere le somiglianze tra culture, afferrare l’importanza delle differenze interculturali, esplorarle e imparare a conoscerle, sviluppare empatia.

La precisa punteggiatura di Bennett può senz’altro fornire un buon orientamento per capire ciò che sta accedendo, tuttavia a nostro avviso non prende sufficientemente in considerazione due fattori di grande importanza. Il primo è la natura sistemica del processo. In altre parole, l’accettazione e l’adattamento non possono stare da una parte sola. Occorre puntare piuttosto a una “convergenza adattiva” in cui soggetti diversi e società nel suo complesso collaborano e si confrontano per sviluppare uno scenario funzionale per tutti. L’altro aspetto riguarda invece tutto quell’insieme di apprendimenti cognitivi ed emotivi che rendono possibile gestire i cinque passaggi: criteri, valori personali, skill di comunicazione e relazione, aspettative reciproche e altro ancora. Qui la PNL ha molto da offrire in termini concreti, per strutturare un vero e proprio management della diversità. Altrimenti l’alternativa –che è anche un rischio- è quella di affidarsi al buonismo del politically correct, destinato quando va bene a lasciare il tempo che trova. Perché accettazione e adattamento non nascono solo dall’empatia, ma soprattutto dal riconoscimento creativo dell’utilità pratica di queste differenze, più volte confermata nel corso della storia umana e dello sviluppo organizzativo: dalla multietnicità dell’Impero Romano alla nascita del blues allo sviluppo vertiginoso della Apple dagli anni ’80 in poi, fino ai think tank cosmopoliti della ricerca scientifica internazionale.

Non è la buona volontà che armonizza le differenze, ma una progettualità condivisa per elaborare e raggiungere insieme nuovi traguardi.