Vacanze che ricaricano? Impariamo come

Quando l’estate fa il vuoto dentro…

Per il malinconico e il workaholic, le ferie possono essere motivo di ansia e inquietudine. Ma a tutto c’è rimedio: basta qualche piccola regola per trasformare la vacanza in un’ottima opportunità di crescita e benessere

Parlando di vacanze, sono ben documentati alcuni disturbi d’umore noti come stress da da fine vacanze. Meno noto è invece un altro disturbo che colpisce proprio durante la vacanza. Da chi ne soffre viene descritto come un senso di vuoto, di tedio insofferente, di irritabilità e chiusura verso tutto ciò che ci circonda. Intendiamoci: non stiamo parlando di una vacanza nata male o indesiderata o deludente: in questo caso i sintomi descritti sono logici e naturali. No, il disturbo in questione colpisce nonostante apparentemente le cose attorno sembrino filare lisce. Il loop sembra senza vie d’uscita: se si sta a casa c’è il rischio di sprofondare nella cupaggine, se si parte è quello di rovinare il soggiorno a chi è assieme a noi e di rammaricarci per i soldi e il tempo buttati via. A cui si aggiunge la beffa finale di finire etichettati come insopportabili rompiscatole a cui non va mai bene niente.

 

La delusione anticipata del malinconico

Diman tristezza e noia recheran l’ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.”
Così recitava Giacomo Leopardi, grande nella poesia come nella malinconia, ne Il sabato del villaggio. E questo già ci offre un indizio: una tipologia soggetta a questo disturbo è quella tendente alla malinconia, per la quale avere una giornata piena di impegni e scadenze funziona come antidoto ai pensieri crepuscolari e alla carenza di senso. Nella poesia di Leopardi infatti ricorre il tema centrale del malinconico: una sorta di nostalgia proiettata al futuro, dove sono riposte aspirazioni non ben definite di poter trovare gratificazione e risposte che diano felicità –o almeno senso- alla propria esistenza. A queste aspirazioni però si accompagna un’aspettativa negativa: quella di vederle deluse. E guarda caso, è proprio così che in genere va a finire. Perché quella del malinconico è una delusione anticipata garantita fin dall’inizio: una profezia concepita in modo da avverarsi inevitabilmente.

L’insofferenza del workaholic

Ma esiste anche un’altra tipologia di persona, per nulla malinconica, per la quale lo stacco delle ferie è un fattore destabilizzante: quella ferocemente attaccata alla propria attività o ai propri obiettivi professionali. Il cosiddetto workaholic, termine inglese che letteralmente significa “alcolista del lavoro”. In questo caso i pensieri disturbanti non riguardano il futuro, ma il presente: il perfezionismo e l’ambizione del workaholic non danno tregua nemmeno sulle spiagge più remote, dove il nostro soggetto farà di tutto per presentarsi fornito di notebook, smartphone e tablet, imprecando se la connettività non è all’altezza delle sue esigenze.  Se questo non gli riesce, o se per l’attività è indispensabile la sua presenza fisica, il workaholic cadrà in preda a un umore pessimo e ai pensieri più cupi. E la vacanza diverrà per lui –e per chi gli sta accanto- una sorta di bagno penale.

Come uscirne?

Dobbiamo allora concludere che se una persona ha venature di malinconia o stakanovismo  è destinata a rovinarsi –vita a parte- persino le ferie? Niente affatto.
Infatti malinconici o perfezionisti non si nasce, si impara ad esserlo adottando inconsciamente peculiari schemi emotivi e di pensiero. E dunque, così come si impara, si può anche disimparare o quanto meno modificare ciò che non dà buoni risultati.
A ben guardare i problemi nascono non per il modo di pensare ma dal modo con cui cerca di adattare una determinata situazione al proprio stile di pensiero. Parlando appunto di vacanze, è senz’altro utile giocare d’anticipo.

 

 

Infatti un errore tipico di chi affronta le ferie titubante o demotivato è quello di lasciare che le cose vadano come vogliono, proprio perché può essere già di per sé poco piacevole il fatto di applicarsi a progettare un evento su cui non si hanno aspettative attraenti. Al massimo ci si creano aspettative di “stacco”, “relax”, “riposo” senza avere però alcuna idea concreta su cosa fare per staccare, rilassarsi e riposarsi. Ma così facendo, il rischio di ottenere un risultato indesiderato cresce notevolmente, come dimostrano le ricerche sulle aspettative negative condotte dallo psicologo cognitivista canadese Albert Bandura. Si crea infatti un paradosso: quello di sperare di ottenere benefici partendo da una situazione in realtà indesiderata. La vita premia invece non chi sta lì ad aspettarla, ma chi le va incontro.  Una vacanza è un’ottima occasione per creare circostanze in cui riattivare vissuti emotivi quali curiosità, sfida, fierezza, socialità: situazioni in cui il nostro organismo produce in quantità ormoni del benessere e dell’energia come ossitocina, noradrenalina, betaendorfine.
Se perciò si ha già fatto esperienza di ferie spiacevoli, si può introdurre qualche benefica variazione nel modo di affrontarle prima ancora di partire. Vediamone alcune.

Quattro strategie mentali per una buona vacanza

Punto primo: trovare un cornice giusta per dare un senso al periodo di riposo.  Se siete inclini a stati malinconici, pensate già all’inizio che questa parentesi dal lavoro dovrà essere progettata in modo da fornirvi stimoli nuovi, positivi e immediati.  Se invece l’idea di mollare per un po’ il lavoro vi ripugna, collocate la vostra idea di vacanza come un investimento temporale per lavorare ancor più e meglio al vostro ritorno.
Punto due: fatevi un’idea chiara e per voi piacevole di cosa potrete realizzare in concreto nel periodo considerato e di come questo potrà avere positive ripercussioni quando rientrerete.
Punto tre: in base al tempo e al luogo in cui si svolgerà la vostra vacanza, ponete alcuni punti fermi relativi a cose o attività giornaliere che saranno il perno delle vostre realizzazioni.
Punto quattro: pensate in modo preciso a come e dove svolgerete queste attività. Se il pensiero vi dà una piacevole sensazione di coinvolgimento, tutto ok. Diversamente, ripartite dal punto due.

Facciamo un esempio. Supponendo che un obiettivo sia quello di utilizzare la vacanza per un buon start up di allenamento fisico con lo scopo di sentirsi in forma e pieni di energia al ritorno, occorre assumere informazioni su come e dove questa attività potrà avere luogo. Poi si procederà a pianificare il tutto: come si sarà equipaggiati? In quali ore della giornata? Con chi? In quale cornice ambientale? E poi che si farà per rilassarsi? Infine si dovrà indugiare qualche istante sulle rappresentazioni interne: come ci si immagina la successione di scene? Cosa si vede, si prova, si sente? E tutto questo quali sensazioni evoca? Se l’impressione è del tutto positiva, avanti così. Se invece qualche sequenza contiene elementi di perplessità o peggio, lavorare sulle parti che non funzionano cambiandone i contenuti e i dettagli fino a ottenere un risultato soddisfacente.  La formula magica per assicurarsi una buona vacanza si può condensare in una sola parola: autoattivazione. E in unica mossa: darsi obiettivi ben formulati.

 

Un dato positivo dell’epoca in cui viviamo sta nel poter disporre di informazioni abbondanti e veloci grazie alla Rete. Approfittatene. Con pochi passaggi sul web si possono avere notizie aggiornate sui luoghi scelti e le risorse che offrono, così come rapide ricognizioni su cosa c’è di interessante attorno al luogo in cui di sta passando la vacanza. E’ importante rendersi conto che di solito il problema non sta nella scarsità di risorse personali o nel contesto in cui si è, ma negli schemi di pensiero, nei presupposti dati per scontati, nelle aspettative gratuite o campate in aria. E questo non solo quando si va in vacanza.

[Di Camillo Sperzagni]

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